Il mio primo album di James Senese mi è stato consegnato il 10 giugno 2021 mattina. Quel giorno ho lavorato di pomeriggio, per cui quando sono partito ho preso su il cd deciso ad ascoltarlo in auto mentre andavo a lavorare. La musica di Senese mi ha “cullato” durante il tragitto. Ho avuti tanti pensieri positivi, alcuni erano riferiti all’artista. Da qualche parte ho letto che è stato un “onesto e umile artigiano della musica che non ha mai ceduto alle sirene del business”.Alle 14:32 del 10 giugno 2021 ho ricevuto uno di quei messaggi che non vorresti mai ricevere: mio zio Dino ci ha lasciati. Un altro “pezzo” della mia famiglia che sparisce per sempre. Nessuno se lo aspettava, sono rimasto agghiacciato. Tra i tanti pensieri che si fanno in queste occasioni, di solito rivolti al passato felice, mi è sovvenuto che mio zio ha studiato medicina a Napoli tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Ricordo quando tornava a casa per le vacanze estive insieme ai suoi amici universitari di Napoli, la loro allegria e leggerezza di vita, i sorrisi e la voglia di rilassarsi e divertirsi, mi sentivo (io che ero piccolo) a mio agio, erano divertenti. Ad un certo punto è arrivato un pensiero, sono sicuro che mio zio avesse ascoltato la musica di Senese di quegli anni, che i suoi amici gliel’avessero fatto ascoltare. Il giorno della sua scomparsa, per la prima volta nella mia vita ho ascoltato Senese. Non credo ai casi della vita, e non posso più chiedere a zio conferme, però ho una sensazione strana dentro. E mi sarebbe piaciuto chiacchierare con zio di Senese e dei suoi anni universitari.Cosa mi rimane oltre alle lacrime e al rimpianto? Solo la musica di Senese in questo cd. E i ricordi che ritorneranno ogni volta che ascolterò questo album (che è bellissimo) saranno agrodolci. Fortuna che qualche canzone, come la title track, ha un andamento funk, di quelli che ti aiutano a passare queste situazioni. Non ho la forza di usare parole mie in questi momenti, devo citare per forza Senese e il giornalista/critico musicale Giuseppe Aiello che mi ha “spinto” all’acquisto. Parto con una strofa di Senese: “Voglio cantà l’ammore, ‘o dulore, voglio scassà tutt’ ‘e paure / Ca tenimmo dinto ‘o core” che ben rappresentano questi momenti. È un album bello, lo ripeto, anche se non lo so spiegare, perché capisco poco di territori jazz-elettrico davisiano, quattroquarti malandrini mentre reputo più comprensibile il midollo soul e la canzone napoletana e mediterranea. Chiudo citando l’intro della recensione di Aiello: “Ognuno ha l’inno generazionale non che si merita, ma che gli fa capitare la storia, la geografia, il tempo.” Non avrei saputo trovare parole migliori per definire questa musica, il mio dolore e per il ricordo di mio zio. Riposa in Pace.